di Raffaele Vitali
FERMO – La moda ha paura della guerra in Ucraina. Inutile negarlo. Anche se l’export italiano verso il mercato russo e ucraino vale meno di due miliardi sui 98 che genera il settore.
Nel 2021, dopo il crollo del 2020, l'export in entrambi i mercati era in forte ripresa, segnando un trend del +17,8% in Russia e del +23.3% in Ucraina. "Fra le sette associazioni che sono confederate in Confindustria Moda, alcune sono colpite più duramente di altre - sottolinea Marcolin -. Parlo ovviamente del calzaturiero in primo luogo, ma anche del tessile e della pelletteria, per cui infatti sono state avviate contrattazioni con il ministero del Lavoro e con i sindacati per poter accedere a sussidi e ad una cassa integrazione agevolata come quella per il Covid”.
Quel che il presidente Marcolin ricorda è che c’è anche un mondo che ruota attorno a questi due Paesi, stai vicini che non possono che risentire del conflitto: “La Polonia, ad esempio, pesa per il 2,1% dell'export del nostro settore, segnando nel 2021 una dinamica ripresa del +35% rispetto al 2020, superando anche i numeri pre pandemia. Anche la Romania è un mercato di rilievo, che vale il 2% dell'export del Tma e ha segnato lo scorso anno una ripresa positiva del +12,1%. Questi mercati giocano un ruolo particolarmente strategico per il settore della concia, per cui la Romania è il secondo paese per valore di export e la Polonia il nono. Ma anche il calzaturiero e la pelletteria avevano registrato importanti rialzi di export nel 2021 verso la Polonia, mentre l'oreficeria e il tessile li avevano registrati verso la Romania. ora chissà".
Sommando i costi dell’energia “che per la verità si registrava già molto prima del conflitto e colpisce trasversalmente tutte le imprese, sono sempre più in crisi specialmente le aziende più energivore a monte della filiera. Ma bisogna anche considerare tutti i costi indiretti che colpiscono le imprese, come quelli legati alla logistica dovuti fra l'altro all'aumento del costo del carburante, che sulle piccole e medie imprese che compongono l'industria del Tessile, Moda e Accessorio diventano difficili da sostenere”.
Non si può ragionare sull’aumento del costo del prodotto finale, perché “rischia di comportare una contrazione dei consumi, portando quindi alla recessione". Per affrontare questa situazione, conclude Marcolin, ci sono diverse strade. "Sicuramente l'imposizione da parte del governo di un tetto ai prezzi è una prima possibile soluzione da prendere in considerazione - dice - così come gli interventi fiscali che sono già stati messi in atto ma che, ad ora, non risultano sufficienti. Ma la vera sfida è accelerare sulla transizione green”.
Visione e realtà. Lo ricorda a tutti Patrizio Bertelli, numero uno di Prada: “Bisogna che la politica intervenga così come ha fatto col Covid. Altrimenti tantissime aziende saltano, e avremo un sacco di disoccupati”. Durante il convegno 'Future for Fashion 2022', l’Ad del gruppo chiede aiuto per i piccoli: “Il problema non sarà per me, ma delle piccole e medie imprese che lavorano per tutto il sistema moda. La situazione sarà preoccupante da settembre in poi”.
La politica lo sa e lo ricorda, anche dalle Marche: “È ormai chiaro che le ricadute economiche del conflitto, quand'anche si risolvesse a breve, avranno ricadute di anni sulle aziende della moda il cui fatturato, componente essenziale del Pil Marche, è soggetto più di altri alla programmazione stagionale" ribadisce il consigliere regionale della Lega, il fermano Marco Marinangeli. La giunta regionale ha stanziato 15 milioni di euro per sostenere le imprese marchigiane.
"Intercettare nuovi mercati per vendita dei prodotti manifatturieri marchigiani è strettamente complementare al sostegno alle nostre aziende medio piccole per affrontare un così oneroso percorso - conclude il consigliere -. È quanto mai indispensabile proseguire nell'azione unitaria tra forze politiche, imprese e lavoratori che il tavolo della Moda ha così bene espresso”.