“Lavoro, lavoro, lavoro”. Questo resterà di un normale giorno alla Ambruosi&Viscardi, il coro dei dipendenti, riuniti dalla proprietà fuori dall’ingresso dell’azienda. Sono in tanti, centinaia, che non condividono la protesta dei colleghi rimasti ieri fuori dai cancelli. Una protesta che ha bloccato per un giorno l’azienda leader nella produzione di insalate fresche imbustate. “Ho dovuto passare la mattinata al telefono e a mandare mail per cercare di ricucire i rapporti con i clienti. Un po’ la mancata consegna, un po’ il messaggio che rischiava di passare di noi poco attenti ai lavoratori, i buyer si preoccupano. Ma per fortuna ci siamo chiariti”. Fondamentale per la famiglia Ambruosi è che la stragrande maggioranza dei dipendenti ci ha messo la faccia. Davanti alle telecamere e davanti ai microfoni.
Con loro i sindacati, Cgil, Cisl e Uil. “Non i Cobas, una sigla che spera di essere inserita al tavolo qui, per poter poi rivendicare chissà cosa a Milano o Roma. Ma noi con i sindacati ci dialoghiamo sempre. Con quelli sani però” aggiunge il legale dell’azienda.
“Quello che dispiace – riprende Nicola Ambruosi – è l’uso di falsità. Per una impresa come noi che guarda all’ambiente sentirsi etichettata come dei mostri è inaccettabile. Abbiamo l’impianto fotovoltaico, quello per il biogas, usiamo camion a metano: siamo una impresa green. Per questo non ci facciamo intimidire, sappiamo quello che siamo”.
Resta il danno arrecato. Ieri vicino ai 100mila euro. “E poi non sappiamo se finisce qui. I clienti sono rimasti scossi. Sapete, non è che tutti fanno ordini enormi, si va da 5mila a 300mia euro all’anno di consegne. Il nostro è un lavoro di fiducia e qualità, per fortuna tranne uno che questa mattina voleva lasciarci, ma poi ho ricucito, tuti ci hanno supportato in questo difficile momento” aggiungono titolare e avvocati.
Gli operai sembrano compatti, quelli che stanno dentro i cancelli, e chiedono solo di lavorare: “Per farlo non vogliamo più dover passare in mezzo ai campi. Non dobbiamo vergognarci per voler dare da mangiare alle nostre famiglie”. L’ultimo messaggio i legali lo mandano a chi protesta: “Andate dai giudici, ci sono i tribunali se ritenete di avere ragione. Non si bloccano i camion, non si blocca l’azienda per cui si lavora”.
Le parole finali sono dei sindacati: “Siamo preoccupati. Noi tuteliamo i lavoratori, i loro diritti, ma anche la sostenibilità aziendale. Purtroppo ai Cobas gli accordi non interessano e infatti non hanno firmato il contratto collettivo. Ci irrita che si speculi sul caporalato, noi le buste paga le abbiamo viste. Il contratto agricolo ha delle anomalie, il tempo determinato può durare a vita perché ci sono ammortizzatori sociali come la disoccupazione agricola”. Oggi la giornata è proseguita tranquilla, nei prossimi giorni nessuno sa.
r.vit.