di Raffaele Vitali
FERMO – Si aprono le porte di Nefrologia, reparto silenzioso e fondamentale del Murri. “Un reparto importante che sa trattare casi di elevata complessità e garantire il supporto ambulatoriale. Un servizio che nel nuovo ospedale il reparto di nefrologia e dialisi sarà il riferimento anche per l’attività di Amandola che avrà un suo reparto dedicato e uno sviluppo della telemedicina” spiega il direttore generale dell’Ast, Roberto Grinta, presentando il team del dottor Garofalo.
Dove ci sono malattie che impattano anche sulla vita sociale delle persone, non mancano mai i famigliari e i volontari. In questo caso è l’Aned che ha donato dieci pedaliere per la riabilitazione durante l’attività di dialisi. Sorride la presidente della sezione fermana, Ivana Del Medico. “Supportiamo i pazienti anche per la parte burocratica, dai permessi sul lavoro al rinnovo alle patenti, supportiamo nella gestione dei farmaci, oltre ad aiutarli nel periodo di dialisi o post trapianto. Fondamentale è il nostro ruolo nella fase pre dialisi” spiega. “L’attività fisica è importante, per questo abbiamo scelto le pedaliere, la soddisfazione dei pazienti cresce, ne abbiamo comprate dieci e nelle ore di utilizzo sono un vero supporto” ribadisce la presidente.
Per l’ospedale le donazioni sono funzionali: “Ogni innovazione ci arricchisce. Da macchinari per i pazienti fino ai nuovi spogliatoi dinamici che pesto saranno attivati” aggiunge Fabrizio Santillo per la Dmo. A seguire i pazienti, ora dopo ora, ci sono i 26 infermieri guidati dalla funzione organizzativa Teresa Illuminati: “Abbiamo 25 postazioni, pieni al mattino e pieni al pomeriggio. La pedaliera viene posizionata sul letto, dopo la pesatura. Nelle 3-4 ore di dialisi, un momento probante, l’attività fisica oltre a sollevare le persone psicologicamente, agevola poi la rieducazione. Una piccola e funzionale attività”.
Al gruppo del Murri si aggiungono sei infermieri ad Amandola, impegnati a seguire i 12 pazienti del Cal che garantisce la dialisi tre volte a settimana. “Per il Cal di Amandola, che significa infermieri sempre presenti e medico una volta a settimana, stiamo investendo anche in telemedicina che ci consentono di superare il gap fisico della distanza, in questo modo da Fermo il medico potrà collegarsi costantemente usando video di ultima generazione. E potremo anche supportare il paziente da casa” aggiunge Grinta.
Donato Garofalo, il primario, entra nell’attività del reparto che vive nei due corpi, ovvero i due ospedali: “I nostri pazienti spesso hanno una vita sedentaria, le cyclette sono davvero funzionali migliorando il tono muscolare. Si unisce l’utilità allo svago, condividendo il percorso sportivo e il relax garantito dalle tv regalate dalla Fondazione Carifermo. La maggior parte dei pazienti, ne seguiamo 125, fa la dialisi tre volte a settimana”.
A Nefrologia, c’è una attività di reparto con otto posti letto, per le problematiche acute, sia chi soffre di difficoltà vascolari sia per chi fa la dialisi cronica. “Un servizio che oggi garantiamo in maniera indipendente, rispetto agli anni passati che eravamo legati al Torrette” precisa Garofalo e questo grazie a un chirurgo vascolare e un nefrologo che una volta al mese garantiscono una seduta peer le fistole.
Si arriva così a 200 ricoveri all’anno. “Abbiamo acquistato ulteriore materiale innovativo, supportando il lavoro delle terapie intensive. Pazienti critici con insufficienze renali acute in terapia intensiva li supportiamo con tecniche speciali, lente e continue, e filtri speciali che consentono di rimuovere tossine infiammatorie che si sviluppo e peggiorano lo stato del paziente creando insufficienze multiorgano”.
L’età media del paziente è di 70 anni, ma non mancano i giovani tra i 30 e i 45 anni. Per questo è importante lavorare sulla prevenzione: “L’ambulatorio segue chi soffre di malattie renali avanzate. Noi li prendiamo in carico fornendo appuntamenti e li accompagniamo a quello che sarà il percorso prima della dialisi. Ipertensione, diabete sono fattori di rischio da monitorare. Suggeriamo anche terapie alternative, come il trapianto renale da donatore deceduto o vivente”
Quello da vivente è un trapianto su cui la Regione sta puntando: “Abbrevia i tempi e poi – precisa il primario - si vive benissimo con un rene dono. Chi dona è più controllato, donatore e ricevente vengono seguiti dal punto di vista nefrologico. A oggi abbiamo sei coppie in fase studio per la donazione. Questo permetterebbe di saltare la fase della dialisi. Non dimentichiamo che un paziente con l’insufficienza renale è a rischio di eventi cerebro vascolari. Il trapianto è il gold standard per migliorare la vita”.