di Francesca Pasquali
FERMO - 1,2 miliardi persi in nove mesi. A tanto ammonta, quest'anno, la crisi dell’export nelle Marche. Drastico calo che fa il paio con il blocco dell’imprenditoria.
Da gennaio e novembre, la Camera di commercio regionale ha registrato duemila imprese in meno iscritte rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (-24,6%). È il dato peggiore di tutto il Paese. Tra le cinque province marchigiane, Fermo è quella messa peggio. In dieci anni ha perso un quarto delle sue imprese (-25%). Numeri emersi nel corso del bilancio di fine anno fatto dalle Cna di Fermo, Ascoli e Macerata.
«Da anni – spiega il responsabile del Centro studi Cna Marche, Giovanni Dini –, perdiamo imprese in modo sistematico. La tendenza riguarda tutti i territori, tranne l’Ascolano». «Se il saldo tra nuove assunzioni e cessazioni è positivo – prosegue –, i dati Istat dicono altro. Le Marche hanno perso occupazione non solo rispetto al terzo trimestre del 2019, ma anche rispetto al secondo trimestre di quest’anno». A ritrovarsi disoccupate sono soprattutto le donne, «che lavorerebbero, ma non cercano più attivamente un’occupazione».
Uno scoramento generale, quindi, che tiene lontane le donne dal mondo del lavoro e frena la spinta imprenditoriale. La pandemia si è abbattuta su un sistema già in affanno. “Mai come quest'anno si è vista l'importanza della Cna, anche se le associazioni di categoria come le imprese che rappresentano hanno avuto difficoltà” ha introdotto Alessandro Migliore, direttore di Cna Fermo.
Analizzando l’anno che sta per chiudersi, emerge che i primi sei mesi sono stati sì devastanti, ma non per tutti i settori. Alimentari, meccanica e servizi, per esempio, hanno retto l’impatto del Covid. «È un problema di fiducia», fa sapere Dini che si dice preoccupato per l’avvicinarsi della fine del blocco dei licenziamenti, previsto a marzo. «Quando finirà – commenta –, si teme porterà a un drastico calo di fiducia dei consumatori, che si proietterà sull’economia, con una diminuzione della domanda. Va, quindi, contrastato con iniziative molto forti». A vedere nero è soprattutto il calzaturiero che, nel Distretto fermano-maceratese, dall’inizio dell’anno, ha perso più di cento aziende. Le uniche a sorridere davvero sono le imprese di servizi «ad alto contenuto di conoscenza».
È da lì che, per Claudio Socci, si dovrà ripartire. «Il prossimo anno – spiega il docente di Politica economica dell’Università di Macerata – torneranno a galla i problemi strutturali dell’economia marchigiana, che dovrà essere spinta verso un nuovo tipo di produzione ad alto contenuto tecnologico, così da recuperare, nel tempo, l’occupazione persa». Per farlo, bisognerà farsi trovare pronti. «C’è bisogno di un sistema di infrastrutture digitali che oggi manca. Mancano la velocità e un sistema che funzioni», incalza il presidente della Cna di Macerata, Giorgio Ligliani. «La pandemia – gli fa eco il direttore della Cna di Ascoli, Francesco Balloni – ci ha insegnato l’importanza del web e di studiare il mercato in base alle esigenze delle singole aziende».