Da Fermo ad Ancona, il 2020 visto dal segretario provinciale di Fermo.
di Raffaele Vitali
FERMO – Segretario Fabiano Alessandrini, come sta il Pd fermano a sei mesi dal voto?
“Ci sentiamo bene”.
Cosa glielo fa dire?
“I risultati delle amministrative del 2019 che ci hanno visto vincere ovunque nonostante il vento del centrodestra che soffiava sull’Italia e l’Europa. Il che ci fa pensare che c’è un partito in salute, con amministratori bravi e all’altezza”.
Siete l’unico partito organizzato rimasto, diventerà un limite?
“Non penso a un limite, perché credo che le mode passano. Sono abituato al duro lavoro e penso che i risultati vengano con il duro lavoro. Poi in un momento della storia l’impazzimento generale c’è sempre e domina il superficiale. Ma la moda di per sé è qualcosa che è destinata a essere superata. Non per niente, il Pd anche quando perde resta solido, perché è una certezza che non vive di fiammate e magari scappa dopo i ko. Siamo responsabili e per questo poi i cittadini ci scelgono”.
Inizia il 2020, partiamo da Fermo. Cosa immagina a maggio?
“Il capoluogo ha il suo peso, ma spetta al circolo di Fermo dettare la linea. In qualunque ragionamento, il Pd è centrale: sia con gli alleati di centrosinistra, da Articolo 1 a Italia Viva, sia con le civiche. Di certo sarà il traino, ma non significa dover esprimere il candidato sindaco”.
Simbolo o non simbolo alle elezioni?
“Il simbolo del Pd ci sarà. La rinuncia dovrebbe essere legata davvero a un ragionamento forte, a un progetto ampio e sensato. Ma sia chiaro, anche si corresse da civici, i candidati sarebbero espressione del nostro partito. Non immaginiamo di fare operazioni come il centrodestra che cerca di salire sul carro del presunto vincitore Calcinaro e per farlo si vendono come civici. Un conto è rinunciare a un simbolo, un altro alle idee”.
Cosa pensa di Calcinaro?
“Su Paolo ho un giudizio molto articolato, in parte inficiato dal fatto che lo ritengo un amico. Poi politicamente la penso in maniera diversa. Incentrare tutta l’azione amministrativa di una città come Fermo solo sul civismo e sull’identità della città sia un limite. Fermo deve giocare su tavoli più ampi. Poi può andare bene, come successo in questi cinque anni, anche grazie ai finanziamenti da parte di Regione e Stato che spettano ai capoluoghi, penso al Renzi-Gentiloni per Tre Archi. Avendo vissuto altri periodi, il ruolo di Fermo lo vorrei più ampio, più forte, più aperto, come durante il sindaco Fedeli”.
Regione Marche, che caos. Lei è vicesegretario regionale, ma Ceriscioli chi lo vuole davvero?
“Il giudizio sull’amministrazione uscente è largamente positivo. Se uno guarda i dati, non c’è un solo indicatore che sia peggiore di cinque anni fa. Non lo dice Alessandrini, ma i centri studi. Poi si entra nel mondo della percezione: probabilmente Ceriscioli sconta una difficoltà legata al fare più che all’apparire. Il terremoto ha limitato l’azione della Regione, ma mi fa sorridere sentire Salvini palare di modelli migliori quando i suoi esponenti marchigiani non hanno fatto nulla o magari sono come Pazzaglini che è finito sotto indagine. Da qui bisogna ripartire, poi si ragiona sull’alleanza”.
I 5 Stelle dicono: ‘con il Pd ma senza Ceriscioli. Come si fa?
“Il Movimento sarebbe un elemento di discontinuità rispetto alla coalizione uscente. Legittimo da parte loro dirlo, meno che lo dica chi ha governato con Ceriscioli, penso all’ex capogruppo del Pd che ha appoggiato ogni scelta e oggi rivendica discontinuità dopo essere uscito. Quindi la discontinuità varrà anche per lui? Con i 5 Stelle ragioneremo e valuteremo le primarie”.
Le primarie però non le vogliono né Mancinelli né Longhi, per stare ai nomi pronti.
“Troppo comodo. Se ambiscono a questo ruolo, allora si misurino. Perché dovrebbe andarsene Ceriscioli, per le sensazioni e il sentito dire? Longhi e Mancinelli sono risorse, come lo è il presidente uscente: misuriamoci e vediamo”.
Il Pd piceno è spaccato, quello Fermano cosa farà, si schiera con il presidente?
“Non mi pare così spaccato. Non è che basta un dirigente come Lucciarini, che è critico, a dire che un territorio è diviso. IL segretario provinciale Terrani è ‘schierato’ con Ceriscioli, ma non lui da solo, ma con il segretario regionale Gostoli. Si dimentica che la posizione del Pd regionale è delineata. Fermo compatto? Senza dubbio, abbiamo chiuso l’anno con la direzione provinciale: sono emerse delle perplessità, c’è del timore sull’avanzata del centrodestra, c’è stata discussione tra Ceriscioli e Mancinelli, ma il partito è pronto a seguire le direttive del partito. E poi, siamo chiari: la Mancinelli è candidata? Non mi pare. Ne parleremo se ci sarà, ma fossi in lei rifletterei sull’abbandonare il capoluogo regionale un anno e mezzo dopo il voto”.
Quindi Gostoli ha le idee chiare?
“La direzione regionale 15 giorni fa ha detto in maniera chiara quello che faremo: giudizio sull’amministrazione uscente, chiusura dell’alleanza a partire dalla coalizione e dal presidente uscente, ragionare sul programma, allargamento della squadra e poi, alla fine, vedere se cambia qualche carta in tavola”.
Il Pd fermano riparte dai consiglieri uscenti Cesetti e Giacinti?
“Questo senza dubbio, abbiamo un giudizio positivo”.
Sono legati alla conferma di Ceriscioli o saranno comunque i nomi del provinciale?
“Senza dubbio, poi se si cambia il candidato valuteremo”.
E Paolo Petrini che farà?
“È un dirigente autorevole, dà i suoi consigli anche se critici. Ma sta nel partito e sarà una risorsa. Nel Pd si discute, siamo democratici, e quindi è normale che ci siano posizioni differenti. In altri partiti questo non avviene, ma i problemi restano dentro. Come dimostra la vicenda Acquaroli”.
Segretario, gli uomini sono certi, ma ci saranno anche due donne. Meri Marziali, presidente commissione pari opportunità regionale, sarà candidata?
“Ci stiamo lavorando. Ha le caratteristiche, ma stiamo ragionando sulla rappresentanza territoriale”.