La Cna di Fermo ha aperto la discussione sul tema della sostenibilità e della tutela dei marchi. Poche le denunce in provincia, ma milionari i danni al mondo del fashion.
FERMO – I giovani in sala, gli esperti sul palco. La Cna ha unito i due mondi, che il sistema economico fermano sta cercando di far dialogare, per parlare di contraffazione e sostenibilità. Due temi al centro dell’incontro ‘Green Job’ promosso dalla Cna di Fermo guidata da Paolo Silenzi e dal direttore Alessandro Migliore, che ha debuttato anche nella veste di nuovo responsabile Cna Federmoda Fermo e Macerata dopo l’uscita di scena di Gianmarco Ferranti. “Portiamo avanti questo appuntamento perché negli ultimi anni si registra una crescente attenzione nei confronti della sicurezza dei processi e dei prodotti” ha esordito Migliore.
La moda è uno dei settori più colpiti dal falso. A lungo il cuore della merce contraffatta era stato l’Oriente, inteso come Cina e Hong Kong, oltre che la Turchia. Ma nell’ultimo triennio qualcosa è cambiato: “In particolare per l’affermarsi di alcuni paesi dell’Est asiatico (Siria, Giordania) o Europei (Romania, Cipro), o per l’emergere di alcuni Paesi africani come Senegal e Marocco” ha spiegato Luca Stranieri del Mise, ministero per lo Sviluppo economico.
La ripartizione annuale 2018 del numero dei sequestri per settore merceologico evidenzia al primo posto gli accessori di abbigliamento con il 34% (4.358 sequestri), seguito da abbigliamento con il 26% (3.231 sequestri) e calzature con il 16% (2.026 sequestri) che registrano i maggiori sequestri sul territorio nazionale. Purtroppo la percentuale cambia quando si parla dei sequestri: “Primo posto occupato dal settore dei giocattoli con il 53% (27, 7 milioni di pezzi), al secondo posto le altre merci con il 22,35% (11,8 milioni di pezzi) e al terzo posto dall’abbigliamento con il 7,8% (4,1 milioni di pezzi)” aggiunge il consulente dell’Ufficio italiano brevetti e marchi. Su questo bisogna lavorare, insieme con le forze dell’ordine, perché è vero che giocattoli e alimentare possono avere un impatto immediato sulla salute, se non ben fatti, ma il danno socio economico della falsificazione della moda è enorme. "Nelle Marche nel 2019 - ha ricordto il dirigente della Questura Longo - sono stati 51 i denunciati per contraffazione contro i 163 del 2018, mentre nel Fermano si scende a 1 denunciato, contro le 21 segnalazioni di un anno prima. Bisogna ricordare che serve una lotta contro questa forma ignobile di sottovalutazione dell'ingenogno umano".
“Noi ci siamo e tuteliamo il territorio anche con piani di prevenzione, in particolare con dei protocolli che abbiamo firmato con i comuni di Porto Sant’Elpidio e Porto San Giorgio. Il made in Italy è un bene immateriale da preservare” ha aggiunto il prefetto Vincenza Filippi salita sul palco insieme al sindaco di Fermo Paolo Calcinaro, che ha puntato sull’eticità della battaglia alla contraffazione, e all'assessora regionale Loretta Bravi.
Ma non si è parlato solo di questo durante l’incontro. Un tema, interessante, è quello relativo agli ‘Abiti puliti’ ovvero realizzati senza sfruttamento della manodopera. Un mondo quasi sconosciuto dove l’85% dei 50milioni di lavoratori sono donne. La ricerca del massimo profitto porta troppi produttori a lavorare in Paesi in cui non ci sono l tutele minime, accrescendo così la disparità. Ma non è che l’Italia sia da meno, almeno stando alla referente di Faircoop, Deborah Lucchetti, intervenuta al teatro dell’Aquila, visto che il contratto medio di un terzista è di poco superiore ai 600 euro, quindi al limite di povertà. Con una situazione che peggiora scendendo di livello, andando quindi verso i subfornitori. “Le soluzioni? Ripristinare un quadro di regole vincolanti a livello internazionale, europeo, nazionale; modificare i rapporti di forza nella catena del valore: pratiche d’acquisto e accordi vincolanti; rafforzare gli ispettorati del lavoro” conclude Lucchetti.
In questo contesto si inserisce il mondo economico Fermano, fotografato da Silenzi: “Nei 12 mesi tra settembre 2018 e settembre 2019 le imprese attive sono lievemente cresciute per i comparti tessile e abbigliamento mentre sono decisamente diminuite per i settori pelli e calzature (parliamo del 4,8% per un totale di 107 aziende che hanno chiuso in un anno), portando a 18231 il numero delle imprese attive. Questa difficoltà è confermata dal dato delle esportazioni del sistema moda: -9.5% (oltre 69 milioni e mezzo di euro) per i prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori. Di fronte ad uno scenario del genere, siamo convinti che la strada giusta da percorrere per invertire la tendenza sia la tutela della filiera, giacimento di competenze da incoraggiare, proteggere e sviluppare per tramandarlo alle future generazioni”.
In chiusura Silenzi ha ribadito “che le imprese che investono in sostenibilità e tracciabilità della filiera stanno avendo sempre più riscontro dai mercati e dalla soddisfazione dei consumatori. Per cui invito le imprese a convertire sere più parti della produzione a principi di sostenibilità”.
@raffaelevitali