FERMO - Nel settembre 1984 un trentenne Mauro Nucci presentava la sua richiesta di iscrizione all’ordine dei giornalisti delle Marche. Da quel giorno non ha più fermato le dita. Prima la macchina da scrivere, poi il computer, sempre in mezzo penna e taccuino. Quarant’anni di carriera in un mondo che gli ha dato tanto e che oggi, mentre la notizia della sua morte riempiva i cellulari e i social, lo ricorda.
Mauro Nucci era innanzitutto un fermano, nel senso di figlio di Fermo. Chi ha avuto la fortuna, ma anche sfortuna, di lavorarci non impiegava molto a capirlo, perché il colore del suo sangue era di fondo gialloblù. Come la Fermana, sua squadra del cuore di cui è stato anche dirigente, in tempi lontani, ma soprattutto cronista. Come i colori della città che ha rappresentato non solo scrivendo, avendo ricoperto tanti ruoli.
Nucci è stato un brillante, e combattivo per le amministrazioni, presidente della Pro Loco. È stato l’uomo che ha accompagnato Graziano Di Battista, allora presidente della Camera di Commercio di Fermo, potentissima perché ricca di imprese calzaturiere che negli anni ‘90 e 2000 dominavano davvero il mondo, in missioni e sfide impensabili. Inclusa quella di unire agroalimentare e calzature, come oggi tanti vorrebbero rifare. È stato uno dei fondatori dell'Usa Santa Caterina, che portava il nome del quartiere che sentiva suo come i colori di pila. È stato firma dell’economia, memorabili anche i suoi scontri con i vertici di Confindustria, con cui in maniera schietta si confrontava.
C’era poi il Mauro del Resto del Carlino, quello che molti di noi hanno vissuto. Un pungolo, uno stimolo, spesso polemico, soprattutto negli ultimi anni di carriera dove la pazienza diminuiva e la penna graffiava. Il filo conduttore però era uno: scrivere di Fermo, portare avanti la sua città usando al meglio il suo ‘potere’, quello della penna libera che sapeva muoversi dentro le stanze.
C’era poi l’ultimo Mauro, il marito, quello che viveva in simbiosi con la moglie Mariella. Sempre e comunque, insieme a fare la spesa, insieme a passeggio, insieme nel crescere la famiglia, due figlie, un figlio e sei nipoti che non l’hanno mai lasciato solo.
Era indomito Mauro Nucci, ha lottato una prima volta contro la malattia, sconfiggendola quando sembrava avesse già perso. Ha continuato a vivere convivendo con una debolezza fisica ma non di testa. Tra i giornalisti che seguono la Fermana c’è una chat, il 24 settembre il suo ultimo messaggio. Pochi giorni dopo si è aggravato e nessuno lo ha capito. In quella chat, il suo buongiorno, le poche righe di commento sulla partita o il ‘vi seguirò da casa’ che lo faceva sentire parte del sistema, era la conferma che Mauro stava bene.
Ma da quel giorno il silenzio, rotto solo dalla comunicazione della sua morte. Che lascia un vuoto, a cui ci stavamo tutti abituando al Recchioni guardando il suo posto, rigorosamente al centro della tribuna stampa, sempre vuoto o magari preso a un collega della squadra ospite che non poteva sapere.
Non era un santo Mauro Nucci, ma quale giornalista lo è? Ma di certo, se lo incontravi a piazzetta, dove andava a prendere il suo giornale da Marco fino a quando il fisico glielo ha permesso, il caffè te lo offriva. Perché signori si nasce e Mauro ‘signore’ resterà per sempre.
Dopo la scomparsa di Diana Marilungo, ormai arrivata da qualche anno, quella di Nucci priva Fermo di un’altra delle sue voci. È forse anche giusto, visto che prima il Messaggero, casa di Diana, poi il Corriere e da poco il Carlino, il regno di Mauro, hanno chiuso le loro redazioni di Fermo. I funerali si terranno domani alle 11 nella chiesa di San Domenico.
Raffaele Vitali