di Chiara Fermani
FERMO - È il 6 gennaio 1980 e a Palermo la mafia continua a uccidere senza pietà, ferma sulla strada c'è una Fiat 132 di colore blu scuro, con i finestrini pieni di colpi e dentro, morente, c'è il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, sorretto da suo fratello Sergio, attuale Presidente della Repubblica.
Ad immortalare questo drammatico momento c'è lei, Letizia Battaglia con la sua Leica, una delle più grandi fotografe italiane, che ieri si è spenta nella sua Palermo, all'età di 87 anni, da tempo combatteva con una malattia. Ma non ci lascia orfani Letizia, perché a parlare di lei e per lei ci saranno sempre le sue immagini e di loro ci possiamo fidare sempre.
Ha fotografato gli anni più cruenti e feroci di Palermo, facendosi spazio in un mondo di uomini che parlava di uomini, ha fotografato gli emarginati, i malati, la strada, le donne, la bellezza dei loro corpi, l'amore, ma tutto, attraverso i suoi occhi, è diventato racconto, documento, verità.
Le Marche hanno avuto più volte il piacere e l'onore di ospitare i suoi scatti, nel 2020 alla Mole di Ancona e nello stesso anno al Terminal “Mario Dondero” di Fermo, qui, negli spazi espositivi che portano il nome di un altro grande fotografo, furono in mostra gli scatti della Battaglia negli anni delle lotte, degli omicidi di mafia, dell’impegno sociale, con un grande successo di pubblico. Anche alla Sala degli Artisti venne proiettato il documentario "Letizia Battaglia - Shooting the mafia" della regista irlandese Kim Longinotto.
Schietta, sincera, senza mai peli sulla lingua Letizia, la sua irriverenza e il suo inconfondibile caschetto rosa hanno conquistato tutti, anche chi di fotografia non ne sapeva nulla, le sue immagini hanno fatto il giro del mondo e sono diventate la nostra storia e sicuramente qualcuno ha preso in mano la sua prima macchina fotografica dopo averla conosciuta.
Perché anche lei ha sempre confessato che non sapeva nulla di fotografia quando ha iniziato: “Ho imparato da sola. Non ci capirò mai niente, però le foto mi vengono la fotografia non è solo tecnica, è un progetto di vita”. Ha sempre scelto il bianco e nero per le sue foto, perché riteneva che il dolore a colori non lo si può fare, è chiassoso, non arriva.
Nelle sue foto non ha mai usato il teleobiettivo perché diceva che nella scena, lei doveva essere vista e doveva esserci con i suoi occhi, ha sempre lottato per questo. “La foto più brutta e sfocata che ha fatto - ha sempre confessato nelle sue interviste - è l’immagine di Andreotti con Nino Salvo, il mafioso che diceva di non conoscere. Forse non è servita per la giustizia, ma servirà a scrivere i libri di storia”.
Era libera, coraggiosa, la follia non le faceva paura e nel suo cognome, quasi un segno del destino, è racchiusa tutta la sua ragione di vita.
Grazie Letizia, le immagini che ci hai lasciato serviranno a non dimenticare mai la nostra storia e te.