ASCOLI PICENO - Ci siamo visti a Natale. Erano le 12,30. Dietro quel vetro a Santa Marta ci siamo salutati, come sempre. Ma questa volta, chissà perché, una delle dipendenti, con cappello di babbo Natale, ha pensato di passarti il cordless e mi ha fatto sentire dopo tanti mesi la tua voce.
Ti ha portato via la vecchiaia, i tuoi meravigliosi 105 anni vissuti uno per uno da giornalista, partendo il 17 lugio del 1915 da Santa Vittoria in Matenano. Il Covid ti ha solo tolto la possibilità di abbracciare Ferruccio e Cristina, tuo figlia e la tua nuora, e di leggere con me un articolo di giornale, magari del tuo Ascoli. Ma stavi bene, armato di lente d’ingrandimento e radiolina non hai mai smesso di vivere il presente.
Del resto, tu eri il ‘cronista da marciapiede’ quello che scendeva in strada e verificava con i suoi occhi quel che accadeva. Un modello di giornalismo antico, figlio di una passione nata con tuo padre, tramandata a tuo figlio.
Quante storie, quante avventure vissute, quante pagine scritte insieme nel libro che ti racconta. Poche ore dopo il saluto di Natale ti sei sentito male. Il ricovero al Mazzoni e il tentativo, di nuovo, di vincere la tua sfida contro la morte. Ma questa volta non ce l’hai fatta e l’hai capito da solo che era il momento di andare.
Una vita nei giornali. Il Tempo, la tua prima e lunga casa, un giornale di destra pieno di communisti, raccontavi sempre. E poi la Gazzetta dello Sport, quella con cui hai raccontato i campioni del ciclismo, con lo scoop della Dama Bianca a Belmonte Piceno e il salvataggio dell'Ascoli con il tuo amico Del Duca. Infine il Resto del carlino, la tua seconda famiglia.
Il tuo ‘Sogno’ ha accompagnato per anni i fine settimana degli ascolani. Come le tue telefonate sono state il compagno di vita di tanti politici. Ma soprattutto hai scelto di regalare la tua saggezza, la tua esperienza per certi versi non replicabile, a tanti giovani cronisti. Me incluso. Suonavi al portone e come un fulmine arrivai in cima alle scale, dopo due piani di enormi gradini.
Non ti fermavi mai, né di camminare né di parlare. Narratore e cercatore, un connubio perfetto per il giornalista di una volta. Hai vissuto tante vite in giro per l’Italia e non solo, arrivando a Parigi con i colleghi amici che prima di te se ne sono andati togliendoti un pezzo di vita ogni volta.
Ora ritroverai la tua Iole, che se ne è andata troppo presto. Mi mancherai, con la tua gioia di vivere, con il tuo sorriso, con il tuo immancabile cappello. Addio cronista da marciapiede.
Raffaele Vitali