La regione al plurale sta cominciando a ragionare insieme. Non è un dettaglio da poco in fase pandemica e in vista delle risorse che l’Europa catapulterà sui territori. In questo va dato merito al presidente della regione Marche, Francesco Acquaroli.
Poteva decidere di imporsi, di usare il potere certificato dal voto e via. Ma quando non si conosce tutto, è bene ascoltare. Lo fa con chi produce, lo fa con chi forma, lo faccia anche con le buone esperienze, come il Tavolo per lo sviluppo del Fermano senza provare a esautorarlo per accontentare qualche ego locale.
Ora, quello che il governatore non deve sbagliare, è il modo. I suoi assessori sono molto liberi di muoversi, ma i sistemi per funzionare hanno sempre bisogno di vigilanza. E quella il presidente non deve mai perderla, altrimenti capita che in 24 ore esponenti della sua stessa maggioranza vadano nello stesso posto e dicano pure cose diverse, creando scompiglio istituzionale.
Dopo la Camera di commercio e il Confidi unici, le Marche al purarle proseguono il cammino di unione anche in mezzo ai campi. Il distretto bio pensato dal vice presidente Carloni è un unicum a livello nazionale. Pensare in grande per dare voce a ogni piccolo. Questo lo scopo, questo il coraggioso percorso.
Come per biodigestore e metanodotti, però, servono confronto e dialogo. Poi, la decisione sarà sempre della regione, ma non c’è niente di peggio del lasciare il dubbio che si faccia qualcosa di svantaggioso. Soprattutto quando, invece, il piano è costruttivo.
Proseguire senza annunci è il metodo di Acquaroli, magari fosse anche di chi lo affianca. Così eviteremo la favola dell’assessore alla sanità con il suo ‘over 80 tutti vaccinati in 21 giorni’ quando già si è arrivati ad aprile con le prenotazioni e con una guerra per i punti vaccini che nell’era dell’unione è uno schiaffo a chi soffre e a chi si impegna.
*direttore www.laprovinciadifermo.com - @raffaelevitali