PORTO SAN GIORGIO - “Fuori la mafia dallo Stato", è questo il titolo dell'evento organizzato dal gruppo locale del Movimento Agende Rosse, fondato da Salvatore Borsellino, giudice ucciso assieme alla scorta il 19 luglio 1992.
Ad oltre trent'anni di distanza è necessario più che mai tornare a parlare di quei fatti su cui si sa molto, ma non ancora tutto. Si sono celebrati svariati processi, ci sono stati depistaggi e la verità fatica ad emergere nella sua interezza.
Lo scorso anno molto si è discusso sul processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia che ha visto l'assoluzione degli imputati Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, non colpevoli "per non aver commesso il fatto"; Marcello Dell'Utri non colpevole "per non aver commesso il fatto"; i boss mafiosi, Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, "salvati" dalla prescrizione, essendo decorsi oltre 22 anni dalla consumazione del reato tentato, riformulato in "tentata minaccia a corpo politico dello Stato".
L'evento è stato realizzato per raccontare i fatti che sono comunque emersi nel processo.
Ad intervenire, seppur in collegamento web, prorpio Salvatore Borsellino Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano intervenuto con un contributo video; Luana Ilardo, figlia di Luigi Ilardo, ex boss mafioso divenuto confidente dei carabinieri, assassinato prima di diventare ufficialmente collaboratore di giustizia; Stefano Baudino, giornalista e scrittore; Angelo Garavaglia Fragetta, cofondatore e membro del direttivo del Movimento delle Agende Rosse; e Mario Ravidà, commissario in quiescenza della Polizia di Stato già in servizio alla DIA. A moderare il tutto è stato Luca Grossi, redattore di ANTIMAFIADuemila.
“In primo grado c’è stata un’esemplare sentenza di condanna, sia per gli imputati mafiosi sia per gli ufficiali del Ros che avevano avviato e portato avanti quella trattativa, non giudicata come ‘presunta’ ma reale - ha ricordato Salvatore Borsellino, intervenuto in videocollegamento -. Nel processo di Appello, invece, si è verificato il primo passo indietro. Alcuni imputati sono stati assolti perché ‘il fatto non costituisce reato’. Infine è arrivata la sentenza di Cassazione che ha assolto alcuni imputati per ‘non aver commesso il fatto’. Una sentenza che ci riporta ai tempi di Corrado Carnevale. Una sentenza tombale. Sono stati prescritti anche i reati compiuti dalla controparte mafiosa e dagli intermediari”.
Quella sentenza, secondo Borsellino, “sancisce la definitiva rinuncia dello Stato a fare giustizia. Quella giustizia che a 30 anni di distanza ancora non arriva. Il nostro, forse, non è mai stato uno Stato di diritto".
Marco Travaglio ha voluto sottolineare il “merito” del processo Trattativa Stato-mafia “che nessuna sentenza potrà mai cancellare”. Ovvero quello di “aver ricostruito nel dettaglio molte vicende che prima non erano note - ha spiegato il direttore -. Si tratta di testimonianze di politici e uomini delle istituzioni che per anni hanno taciuto fino a quando le rivelazioni di Brusca, Ciancimino jr e altri non li hanno costretti a ricordare. La ricostruzione storica presente nelle carte della procura di Palermo e soprattutto nella sentenza di primo grado non le può cancellare nessuno”.
Il commissario Ravidà, tra le altre cose, ha ricordato le indagini sulla strage di via d'Amelio che ed il rischio che ancora oggi si torni a colpire magistrati. Angelo Garavaglia della scomparsa dell'Agenda Rossa, e Stefano Baudino del negazionismo e del revisionismo con cui oggi si sta cercando di raccontare la storia, dimenticando fatti come la mancata perquisizione del covo di Riina dopo l'arresto o la lunga latitanza di Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. Fatti che dimostrano come la mafia non sia affatto stata sconfitta.
“Non può essere questo lo Stato per cui mio fratello Paolo ha sacrificato la sua vita - ha concluso Salvatore Borsellino -. Non ho mai creduto nella giustizia degli uomini, ed essendo laico non posso neanche confidare nella giustizia divina. Nei pochi anni che mi restano da vivere devo continuare questa lotta disperata, forse senza speranze, per una verità che continuerà ad essere occultata, vilipesa, e negata dagli stessi assassini che mai potranno giudicare sé stessi.