*Giornata internazionale della donna. È un proliferare di manifestazioni ed eventi. Così tanti che diventa impossibile seguirli e raccontarli tutti. È il bello e il brutto di questa 24 ore dedicata all’universo femminile.
Sempre più donne, durante dei dialoghi, la trovano una ricorrenza inutile. “Serve altro”. Difficile darle torto, ma siamo davvero sicuri che l’8 marzo, come simbolo, non sia necessario? Il bello è che è una delle questioni che più unisce destra e sinistra, visto che le critiche alla ricorrenza sono bipartisan.
Quello che forse dovrebbe davvero non avere confini però dovrebbe essere l’impegno per cambiare la realtà, cominciando da quel “in Italia, una donna su tre subisce o ha subito una qualche forma di violenza” raccontato dalla Di.re, le donne in rete. Ogni dato che esce continua a dimostrare che il gender gap è realtà. Si fanno pasi avanti e per questo si brinda. Ogni volta che la percentuale di differenza tra donne e uomini ai vertici dei posti di lavoro si muove di uno 0, pare che si sia trovata la soluzione.
Poi esce un dato meno noto, come quello dei prestiti bancari, spesso fondamentali per aggiungere anche quell’indipendenza sul lavoro magari avviando una attività, e il passo indietro è enorme. Il credito concesso alle donne è pari al 20,1% del totale. Il motivo? Tasso di occupazione più basso, stipendi e pensioni ridotte. Il sistema non si fida della donna.
Un altro numero è quello della Finanza: il 61% degli impiegati è donna, ma i numeri si invertono nei ruoli di vertice. Le donne quadro sono il 35%, le dirigenti il 20%. E poi le lavoratrici con contratti part time sono il 28%, mentre gli uomini con lo stesso contratto sono il 4%.
A questo serve l’8 marzo, a farlo scrivere, a far sì che questi dati, preziosi come tutti i numeri, siano la base di partenza per un cambiamento. Che va accompagnato mediaticamente, ma soprattutto politicamente. La prima donna premier in Italia è una notizia, ma non basta e serve di più. Servono politiche vere, non bonus, per dare alla donna il suo ruolo nella società, senza che debba privarsi, non per scelta ma per necessità, dell'essere anche moglie, madre, compagna, amica.
Più donne indipendenti, lavoratrici, capitane d’azienda, direttrici di banche di uffici pubblici? Le capacità sono evidenti, il welfare territoriale ancora no. Nelle Marche, regione che perde imprese femminili più che in altre aree, ancora di più.
*direttore www.laprovinciadifermo.com