di Raffaele Vitali
FERMO – Professori in difficoltà emotiva, psicologica, fisica. Lo dice uno studio dell’università di Bologna. “Esauriti dal punto di vista emotivo e sentirsi meno in grado di fare il proprio lavoro”. E' la condizione vissuta da un terzo degli insegnanti durante la fase acuta della pandemia, anche a causa della didattica a distanza.
I NUMERI
Il quadro emerge da una ricerca condotta dalle psicologhe dell'Alma Mater di Bologna Maria Cristina Matteucci e Annalisa Soncini, nel periodo tra maggio e giugno 2020 su 1.110 docenti tra Emilia-Romagna, Marche e Sardegna, con un'età media di 49 anni e quasi 19 anni di esperienza lavorativa.
Il 34% dei docenti che ha risposto al questionario riporta una "condizione di difficoltà emotiva", a cui si aggiunge un "senso di autoefficacia molto più basso" rispetto al campione analizzato nel periodo pre-Covid. In particolare, i docenti si sentono meno adeguati a insegnare, a motivare gli studenti e a cooperare sia con i genitori sia con gli altri colleghi.
"Chi è più preoccupato ha anche maggiori livelli di esaurimento emotivo", spiega Matteucci. 327 insegnanti si sono detti preoccupati per il loro ruolo professionale e per il contesto lavorativo, soprattutto per i maggiori carichi di lavoro, per il timore di una perdita di valore del loro ruolo e per la paura di infettarsi in classe.
PAURE DA NUOVE TECNOLGIE
Si aggiunge anche una difficoltà nell'utilizzo delle nuove tecnologie (per il 30% degli intervistati) e una mancanza di supporto tecnico (per il 31%). Per questo, sostengono le ricercatrici, per il futuro sarà sempre più necessario "fornire un supporto tecnologico ai docenti e supportare il loro senso di autoefficacia".
Per Stefano Versari, capo dipartimento del Ministero dell'Istruzione, “come adulti abbiamo vissuto la difficoltà di chi non sa da che parte andare. E inevitabilmente c'è stato chi non ha deciso, chi ha scelto di non scegliere, chi ha lasciato correre e chi si è chiuso nelle proprie certezze. Ma se io sono un docente o un educatore, non mi posso ritirare: il confronto con i ragazzi lo devo sostenere ogni giorno".
DEBOLEZZA E FRAGILITA'
Nel lungo anno pandemico sono cresciute, stando alla ricerca, debolezze, povertà e fragilità, “ma siamo cresciuti anche come esperienze e come competenze nella gestione del rischio e dell'imprevisto. La scuola ha vissuto un 'tempo-buca' in cui si sono esasperate le fragilità dei ragazzi. La scuola ha una funzione fondamentale nella sua dimensione relazionale: lo sapevamo, ora lo abbiamo sperimentato” prosegue Versari.
Del resto, una scuola nella quale mancano le relazioni abbatte le competenze cognitive e relazionali e accresce le difficoltà sociali, ed è quindi inaccettabile. “Durante la pandemia si è sperimentata una sorta di apprendistato cognitivo. Nelle differenti modalità e nella frammentazione (in presenza, da remoto, a turni), la mia percezione è che si sia sostenuto meglio l'apprendimento là dove si sono messi insieme tutti questi strumenti e il docente ha riportato tutto all'unità".