di Raffaele Vitali
MONTEGRANARO – Il 2024 sarà ricordato come l’anno che ha reso debole anche il lusso. Un anno con più ombre che luci per i grandi player dopo un periodo di grande crescita.
Per la prima volta dal 2008, a eccezione dell’anno del Covid, i beni di lusso si avviano verso una flessione delle vendite del 2%, a 363 miliardi di euro stando allo studio che la Fondazione Altagamma ha condotto con lo studio di Bain & Company.
Il primo dato che è emerso è una contrazione nel numero dei clienti, sono circa 50 milioni quelli tutt’ora affidabili, il che ha reso la piramide sempre più stretta e ha spinto i grandi brand a politiche di marketing mirate e aggressive.
È così che l’anno si chiude con il segno positivo solo per un terzo. Basta dare un'occhiata ai conti delle diverse maison per avere la conferma di questa battuta d'arresto. L'utile operativo di Kering per il 2024 dovrebbe essere pari alla metà di quello dell'anno scorso, a causa del crollo del 25% nel terzo trimestre delle vendite di Gucci, che costituisce quasi la metà del fatturato e due terzi dell'utile operativo.
Non va meglio a Lvmh, il più grande gruppo del lusso del mondo, che comprende Louis Vuitton, Christian Dior, Celine, Loewe, Kenzo, Givenchy, Fendi, Emilio Pucci, Marc Jacobs, Berluti, Loro Piana e una quota importante di Tod’s, ha riportato un calo delle vendite. In questo caso supera il 3%. L'unico ad andare controcorrente con una crescita delle vendite oltre il 10% è il gruppo francese Herme's, che si rivolge ai consumatori di lusso più facoltosi con lunghe liste d'attesa per le sue borse più popolari ma anche perché persegue un modello di business più difensivo.
E il 2025? Gli analisti stimano un recupero moderato a livello globale, il segno positivo resterà a livello di marginalità. La ripresa, secondo alcuni esperti, potrebbe essere guidata da cambiamenti macro-ambientali come modifiche normative apportate dai nuovi governi o la fine di alcuni conflitti.
In questo quadro, l’Italia non va meglio. Stando alle previsioni di Confindustria Moda, ma anche della Camera nazionale della moda, il settore allargato a occhiali, gioielli e beauty chiuderà il 2024 sotto i 96 miliardi di euro, in calo del 5,3% rispetto al 2023.
A soffrire, in particolare, il comparto pelletteria e calzature con una flessione dell'8,1% (a livello globale avrà una contrazione tra il 3% e il 5%, a 78 miliardi di euro). A conferma della difficoltà vissuta dal made in Italy, i diversi tavoli aperti al Mimit, che non hanno portato ai risultati sperati, e la proroga della cassa integrazione al 31 gennaio per venire incontro ai 30.000 addetti delle Pmi interessati dalla crisi.
Sull’Italia ha impattato il rallentamento del mercato chiave della Cina, alle prese con una fase economica fiacca che ridimensiona la fiducia dei consumatori. Finora il gigante asiatico è stato il Paese che ha speso di più nel lusso, vale la metà del mercato globale.
Ma non basta la Cina, a segnare l’appeal del lusso, c’è la geopolitica, con i conflitti che ancora non vedono la fine. Non solo, anche l'incremento dei prezzi ha giocato un ruolo chiave. Prodotti più cari, ma stessa qualità se non più bassa in alcuni casi, questo ha allontanato anche i clienti abituali. In Europa l’aumento medio è stato del 52% tra 2019 e 2024, a conferma che i grandi marchi a fronte di un aumento dei costi delle materie prime, sono andati ben oltre l’inflazione e non hanno ridotto i loro margini
Per il 2025 c’è un’ulteriore incognita a preoccupare il mondo del lusso: le indagini a carico di diversi marchi per sfruttamento della manodopera lungo le catene della fornitura. Ci sono numerosi brand sotto indagine e si sa che in questo settore la reputazione conta quanto la qualità. Secondo il Financial Times l’impatto sarà pesante e negativo.
La crisi di chi produce è diventata la difficoltà di chi vende, in particolare online: ha chiuso Matchesfashion, si sono ristrutturati sotto nuovi proprietari (Farfetch e Coupang; Yoox Net-a-Porter), mentre le aziende con profitti in calo hanno cercato di consolidarsi (il proprietario di Saks Fifth Avenue, Hbc, ha acquisito Neiman Marcus con un accordo da 2,65 miliardi di dollari)
Ci sono poi marchi al centro di cambiamenti manageriali, vedi Burberry che ha subito il profit warning. Molti gruppi hanno preferito intraprendere una strada conservativa e puntare sui loro pezzi iconici, ostacolando però in questo modo l'innovazione e la creatività. Altri hanno preferito rivoluzionare i vertici creativi. Bottega Veneta, Givenchy, Tom Ford, Celine, Lanvin e Calvin Klein sono tra i marchi che stanno puntando su nuovi stilisti. Fendi, Margiela, Helmut Lang e Carven attualmente non hanno un direttore creativo, e dovranno riempire quegli spazi. Quanto a Dior, Loewe e Gucci non si sa ancora se faranno nuove nomine o se continueranno con i loro attuali designer, dando fiducia nel caso dei numeri uno all’estro di De Sabato.
In questo contesto di difficoltà, il sistema deve fare attenzione all’avvicinarsi della criminalità. Stando al rapporto Annuale 2020 – Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia» in provincia di Fermo sono 281, circa l’1%, le imprese che potrebbero interessare alla criminalità organizzata. Servono risposte, il fallimento delle trattative sul credito d’imposta è lampante, la proroga della cassa integrazione per questo settimane è un brodino, visto che, previsioni di tutte le associazioni di categoria, la ripresa probabilmente no arriverà prima della fine del 2025. Quante aziende resteranno?